Quanto spendono le Pmi per le scartoffie a cui le condanna la burocrazia italiana? Tra i 30 e i 35 miliardi l’anno. Parola di Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici dell’Università Cattolica, famoso per essere stato commissario alla spending review e poi quasi premier: lo ricordiamo mentre saliva al Quirinale con lo zaino e il trolley, la falcata sicura e il volto sorridente di chi sa il fatto suo e sistemerà il Paese. I conti sono il suo pallino (dovrebbero essere anche il pallino del Governo) e solo pochi giorni fa a Milano durante un evento sui finanziamenti alle piccole e medie imprese l’ha ridetto chiaro: l’eccesso di regole e moduli da compilare ci costa troppo. Cifre da capogiro che imbrigliano le imprese e sottraggono energie a chi ha idee e il coraggio di investire in Italia. Sottoscriviamo, naturalmente. In Italia gli imprenditori sono eroi. E non solo loro. Lo stesso vale per i professionisti e le partite Iva. E persino per le famiglie. Prendiamo il fatidico Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), un mostro burocratico, complicatissimo ma indispensabile per chiunque richieda, a condizioni agevolate, prestazioni sociali o a servizi di pubblica utilità. Raccogliere i dati e i documenti necessari alla compilazione è un’impresa, poi bisogna attendere settimane. Recarsi in un qualsiasi Caf per credere. Un incubo. Il primo male dell’Italia è la burocrazia, sono i suoi costi, i suoi vincoli opprimenti. Non siamo un Paese libero. Non lo saremo finché accetteremo uno Stato che ci vuole asserviti e sottomessi, che ci preferisce disgraziati e indigenti. Succede ancora oggi, Anno Domini 2019. Soprattutto oggi. Ricordiamo: 30/35 miliardi di costi inutili!