Caso Fca/Renault, la peggio Europa
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Ultimamente il Piemonte sembra essere al centro di tutto. Un crocevia di interessi strategici per il Paese. Una metafora dell’Italia di oggi, tra voglia di tornare vincenti e zavorre che impediscono ogni slancio. Da poco hanno tenuto banco le elezioni regionali, ha vinto il centrodestra con Cirio, ha vinto la Tav. Ed eccoci al primo punto. La Tav. Era uscita di scena, vi è rientrata in modo eclatante con la grande manifestazione di piazza del novembre scorso promossa da Mino Giachino, poi capolista della formazione Sì Tav che unitamente a Energie per l’Italia di Stefano Parisi ha sostenuto Cirio. Quella piazza, bisogna dirlo, ha determinato la svolta pro Tav di Salvini e di conseguenza la vittoria del centrodestra in Piemonte. Il fatto è che senza la Torino-Lione addio rete ferroviaria del futuro: il Piemonte e l’Italia ne sarebbero stati inesorabilmente esclusi. I piemontesi hanno reagito, hanno scelto il “sì”, hanno scelto la crescita, hanno scelto il lavoro, buttando a mare Di Maio e anche il Pd. Giachino e Parisi non hanno avuto il risultato elettorale sperato ma hanno il merito di avere riportato il centrodestra sulla Tav oltre che di aver dato quel connotato di qualità che fa la differenza. Ora si pone un altro tema sabaudo: la Fiat, oggi Fca. Il Piemonte nel tempo è sceso a picco nella classifica italiana con un Pil assai deperito e un enorme problema di disoccupazione giovanile. La Fiat andrebbe difesa con le unghie e con i denti, soprattutto con lungimiranza, come tutta l’industria manifatturiera. La fusione Fca/Renault avrebbe creato un operatore europeo in grado di competere su scala mondiale. La Francia si è tirata indietro rivelando, se ancora ce ne fosse bisogno, l’indole iper nazionalista del suo Governo. Ma facciamo un passo indietro, a quando l’accordo sembrava cosa fatta. L’ad sarebbe stato francese, con ciò che questo avrebbe comportato sul piano delle decisioni che contano. E soprattutto il Governo francese sarebbe rimasto un forte azionista, il che ci avrebbe reso vulnerabili, perché i francesi avrebbero tutelato se stessi quanto a posti di lavoro e vantaggi economici. Adesso il fallimento della fusione, con la Francia che ha tirato la corda fino a romperla, cancella un orizzonte di crescita e sviluppo dell’industria automobilistica europea. Il nostro ministro del Lavoro e dello Sviluppo, nonché vice-premier, non si è sognato di battere un colpo, e del resto come avrebbe potuto? Mancano all’appello competenza ed esperienza. E in Europa, come insegna questa vicenda, abbiamo una classe dirigente politica di vedute assai ristrette. Sulla Tav ci hanno pensato i piemontesi a salvare il loro territorio e con esso l’Italia. Anche se adesso viene il bello e converrà avere qualcuno in Piemonte a cui affidare la regia dell’operazione Tav. Ma le partite da giocare sono tante e cruciali. La Fiat è un’emergenza drammatica. A che santo dobbiamo votarci?