Delirio voucher
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In Italia il lavoro è il grande malato. Una malattia grave e infettiva. Perché senza lavoro tutto degenera, anche le nostre vite. Lo Stato è spesso un nemico, rema contro. Prendiamo i voucher. Funzionavano. Ora sono diventati un incubo di burocrazia. Erano uno strumento forse instabile, precario. Ma la gente lo utilizzava. Bene, è stato abrogato (c’era da aspettarselo..) e reintrodotto previa riforma. Ma il cambiamento è stato peggiorativo. Infatti il gradimento della gente è sceso in picchiata. I dati pubblicati oggi da Sole 24 Ore sono deprimenti. Mentre i vecchi voucher erano arrivati in un anno a coinvolgere 1,8 milioni di persone, si calcola che quelli nuovi in otto mesi siano stati utilizzati da neppure 65 mila lavoratori, 42 mila imprese, 17 mila famiglie, già perché la riforma prevede un doppio binario per cittadini e imprese. In particolare, il libretto di famiglia è stato un totale flop. Da luglio a marzo sono state 6 mila le persone pagate con questo nuovo (e complicato) sistema, su 48 mila all’opera. Tra l’altro per i pagamenti bisogna aspettare il mese seguente. Eppure parliamo di prestazioni occasionali, di cifre modeste. La colpa, neanche a dirlo, è della burocrazia. I passaggi sono divenuti lunghi, intricati, tortuosi, e il fatto che le procedure siano on line non semplifica le cose, al contrario. Siamo assolutamente pro-digitalizzazione. Ma prima coi vecchi voucher bastava andare dal tabaccaio, per acquistare e riscuotere. Adesso serve una laurea in ingegneria informatica. Lo Stato sospetta di noi, ci frena, ci soffoca con un coacervo spaventoso di regole e adempimenti. Adesso per farlo utilizza il web. Poveri noi.